Sta per prendere il via il processo per la beatificazione di Aldo Moro, il grande statista italiano sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, del quale si è ricordato, qualche giorno fa, il 100° anniversario della nascita. A confermare la storica decisione è stato il postulatore, l’avvocato Nicola Giampaolo, intervenuto a Radio Vaticana. “Attualmente – ha spiegato – stiamo ancora raccogliendo numerose postulatorie, testimonianze di cardinali, vescovi, convinti dell’opportunità di questa causa, ma anche di gente comune, politici e intellettuali. Quanto prima speriamo di poter richiedere il ‘nulla osta’ per procedere alla Conferenza Episcopale italiana”. Intanto è stato accolto dal Tribunale diocesano di Roma il documento che fa da presupposto per poter avviare la causa di beatificazione, ovvero il “supplice libello sulla fama di santità” di Aldo Moro.
Sempre Radio Vaticana ha raccolto la testimonianza di mons. Andrea Venezia, canonico della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, che ha precisato come già subito dopo la morte di Moro c’erano i presupposti per aprire la causa di beatificazione, poiché “se l’attività politica viene svolta secondo le virtù di giustizia, fortezza, sobrietà e come servizio per il bene comune”, costituisce la forma più alta di carità, come spesso affermato da Paolo VI, contemporaneo e grande amico personale di Aldo Moro. Inoltre, non solo lui fu ucciso barbaramente, ha aggiunto mons. Venezia, “come testimoniano le immagini che lo mostrano come un agnello immolato, ma la sua fine fu anche la conclusione di una testimonianza ed è per questo che nel suo caso possiamo parlare di martirio”. Lo stesso Paolo VI, oggi beato, il 13 maggio del 1978, in occasione della messa in suffragio del segretario della Democrazia Cristiana, lo definì un “uomo buono, mite, saggio, innocente” e definì il suo atroce assassinio un “oltraggio ingiusto”.
A supportare e appoggiare la causa di beatificazione, oltre alla prima figlia di Moro, Maria Fida, anche il giudice Ferdinando Imposimato, che fu giudice istruttore del processo Moro, secondo il quale il gesto più grande di Moro è stato l’aver perdonato i suoi rapitori e futuri assassini. Inoltre, come sottolineato dall’avvocato Giampaolo, ancora e soprattutto oggi si registra un grande entusiasmo e un grande affetto nei confronti di Aldo Moro, soprattutto nei giovani, in tante occasioni di conferenze, celebrazioni, intitolazioni di strade, e nei contesti più disparati, dalle scuole alle parrocchie, in ogni parte della Penisola.
Si aspetta dunque il responso da parte della Conferenza Episcopale Italiana, ma si è già visto come è grande la consapevolezza che Aldo Moro fu non solo un grande statista e una figura importante e fondamentale della politica italiana, ma anche e soprattutto un cristiano che svolse il suo ruolo pubblico come una vera e propria testimonianza e come una missione, fino a quello che può essere considerato un martirio, non solo “in odium fidei” – perché è innegabile che la sua fede Cristiana dava molto fastidio alle frange più violente ed estremiste di una realtà politica che voleva una società libera da qualsiasi religione e qualsiasi legge – ma anche un martirio che si potrebbe considerare in odio alla civiltà e al benessere politico e sociale del Paese, perché Moro dava fastidio, e dava fastidio la sua lungimiranza nel contrastare la lotta di classe e tra partiti, per privilegiare il dialogo e la collaborazione, soprattutto politica, tra chi la pensava diversamente.
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