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Francesco ai catechisti: il cristiano deve fare la Storia
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Francesco ai catechisti: il cristiano deve fare la Storia

Si è concluso questa mattina in Piazza san Pietro, alla presenza di Papa Francesco, il Giubileo dei Catechisti, svoltosi in questo fine settimana nella Capitale, con vari momenti di preghiera e riflessione in molte chiese romane.

In un mondo dove la mondanità “anestetizza l’anima”, ha detto il Papa durante l’omelia, non c’è bisogno di cristiani che emettano giudizi amari e denigratori “sulla società, sulla Chiesa, su tutto e su tutti”, ma la vera missione di ogni buon cristiano è quella “di fare la storia”, annunciando la salvezza e l’amore di Dio. C’è bisogno, inoltre, di inquietudine, ha proseguito, davanti ai tanti poveri e bisognosi, per trovare le strade per “incontrare e aiutare” il prossimo, senza rimandare o delegare questo compito ad altri.

Papa Francesco si è rivolto alle molte migliaia di catechisti giunti da tutto il mondo e, commentando la parabola di Lazzaro “coperto di piaghe” di fronte all’opulenza del ricco che non si accorge di lui, ha invitato ad aprirsi al prossimo e ai poveri che, ha affermato il Pontefice, non sono un’appendice del Vangelo ma una pagina centrale. “L’insensibilità di oggi – ha ammonito – scava abissi invalicabili per sempre” e non si deve cadere nella malattia dell’indifferenza, dell’egoismo e della mondanità, perché la mondanità è come “un buco nero che anestetizza l’anima, ingoia il bene e spegne l’amore”. Al contrario, un cristiano “deve uscire da sé stesso per scrivere la storia”.

Chi si comporta in questo modo, ha detto il Santo Padre, “assume dei comportamenti strabici”, poiché guarda con riverenza le persone famose, ammirate dal mondo, ma distoglie lo sguardo “dai tanti Lazzaro di oggi, dai poveri e dai sofferenti che sono – invece – i prediletti del Signore”.

Francesco ha esortato dunque a trarre insegnamento dalla povertà di Lazzaro, che si esprime “con grande dignità”, senza lamenti, proteste o parole di disprezzo, quindi a “non emettere giudizi amari sulla società e sulla Chiesa”. Un cristiano non può e non deve essere triste o lamentoso, non può permettersi di essere “un profeta di sventura”, poiché “lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio”.

Il Pontefice ha poi invitato i presenti ad essere “portatori di gioia”, ad avere davanti degli “orizzonti” e non dei muri che chiudono la speranza. Questo perché il Signore oggi chiede di trascorrere buona parte del nostro tempo nell’aiutare e incontrare gli altri, perché “il tempo per soccorrere gli altri è tempo donato a Gesù, è amore che rimane, è – ha sottolineato il Papa – il tesoro in cielo che ci procuriamo qui sulla Terra”. Inoltre, incontrare le persone significa annunciare “Dio-Amore”, senza sforzarsi di convincere o imporre ad ogni costo la propria verità, ma stando vicino agli altri e prestando attenzione “alla loro storia e al loro cammino”.

A conclusione della sua omelia, Francesco ha ricordato che il Giubileo Straordinario della Misericordia chiede di mettere sempre al primo posto l’annuncio principale della fede cristiana, che il Signore è risorto. E questo va fatto, secondo il Papa, anche con forme nuove di annuncio del Vangelo, ma soprattutto con “la testimonianza vera e semplice” della propria fede.

25 Settembre 2016

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