Cosa succede quando la speranza incontra la novità rappresentata dalla salvezza di Cristo? Si scopre una speranza che va oltre, oltre la morte; una speranza che sa di poter risorgere. È questo il tema centrale della catechesi dell’Udienza Generale di oggi di Papa Francesco, che ha dunque continuato il suo percorso sulla speranza cristiana ma, come ha spiegato lo stesso Pontefice, ha portato la prospettiva letta nelle pagine dell’Antico Testamento ad un livello più alto, quello messo in luce dal Nuovo Testamento.
In un’Aula Paolo VI gremita di fedeli, Francesco ha parlato della Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi. «Quella di Tessalonica – ha detto il Papa – era una comunità giovane, fondata da poco; eppure, nonostante le difficoltà e le tante prove, è radicata nella fede e celebra con entusiasmo e con gioia la risurrezione del Signore Gesù». Per questo San Paolo chiama questo popolo con l’appellativo di «figli della luce e figli del giorno, in forza della piena comunione con Cristo». Siccome la morte e resurrezione di Gesù erano avvenuti soltanto da pochi anni, la comunità dei Tessalonicesi non aveva difficoltà a credere in questo evento straordinario, ma la vera difficoltà – a cui l’Apostolo cerca di far fronte – era quella di credere nella resurrezione die morti e, su questo aspetto, la lettera di San Paolo può tranquillamente ricollegarsi anche ai giorni nostri.
«Ogni volta che ci troviamo di fronte alla nostra morte, o a quella di una persona cara – ha detto il Papa – sentiamo che la nostra fede viene messa alla prova. Emergono tutti i nostri dubbi, tutta la nostra fragilità, e ci chiediamo se davvero ci sarà la vita dopo la morte». «Anche noi, nel contesto attuale – ha proseguito – abbiamo bisogno di ritornare alla radice e alle fondamenta della nostra fede». Francesco ha poi ricordato un incontro personale con un anziano signore, che diceva di non aver paura della morte, ma di vederla arrivare. «Paolo – ha spiegato il Pontefice – di fronte ai timori e alle perplessità della comunità, invita a tenere salda sul capo come un elmo la speranza della salvezza». Francesco ha però chiarito il vero significato della speranza cristiana: essa infatti non è come il normale concetto di speranza, ovvero come qualcosa che potrebbe accadere ma potrebbe anche non verificarsi. «La speranza cristiana – ha sottolineato – è invece l’attesa di qualcosa che già è stato compiuto e certamente si realizzerà».
Per questo motivo, il cristiano deve essere ben consapevole che anche la propria resurrezione e quella dei cari defunti «non è una cosa che potrà avvenire oppure no, ma è una realtà certa, in quanto radicata nell’evento della risurrezione di Cristo. Sperare quindi significa imparare a vivere nell’attesa». U po’ come una donna incinta, che Bergoglio prende come esempio, che «ogni giorno impara a vivere nell’attesa di vedere lo sguardo di quel che bambino che verrà». Sperare però, come ha spiegato il Papa, non è affatto semplice e richiede «un cuore umile e povero». Al contrario, «chi è già pieno di sé e dei suoi averi, non sa riporre la propria fiducia in nessun altro se non in sé stesso» e per questo non riesce concretamente ad attendere e ad essere speranzoso.
Concludendo a braccio la sua catechesi, il Santo Padre ha invitato tutti i fedeli a ripetere insieme, per tre volte, una frase della lettera di San Paolo molto cara proprio a Francesco: «E così per sempre saremo con il Signore» (1 Ts 4,17)
Alla fine dell’Udienza generale, Papa Francesco ha ricordato che domani, nella festa della Presentazione del Signore, la Chiesa celebra la Giornata Mondiale della Vita Consacrata. Il Papa, per l’occasione, presiederà nel pomeriggio alle 17.30 nella Basilica Vaticana la Messa con i religiosi e le religiose. “Raccomando alla vostra preghiera i sacerdoti, le suore e i fratelli degli Istituti Religiosi apostolici e contemplativi – ha detto -. La loro vita dedicata al Signore e il loro servizio carismatico portino frutti abbondanti per il bene dei fedeli e per la missione evangelizzatrice della Chiesa”.
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