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Francesco all’Udienza Generale: «la speranza in Dio non emargina mai nessuno»
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Francesco all’Udienza Generale: «la speranza in Dio non emargina mai nessuno»

Il Signore dona agli uomini una speranza tale che non delude mai e non emargina nessuno. Questo ha come fondamento l’amore stesso che Dio prova per l’umanità, un amore certo, anche se spesso noi non siamo così sicuri per ammetterlo. Con queste parole Papa Francesco è tornato oggi, durante l’Udienza Generale, a soffermarsi sul senso della speranza cristiana.

È facile dire, ha detto Francesco ai 7mila presenti in Aula Paolo VI, che Dio ci ama, ma non è così altrettanto facile dire di essere sicuri dell’amore di Dio. «È un buon esercizio – ha affermato – ripetersi questo, ovvero che Dio mi ama» perché «questa è la radice della nostra sicurezza, la radice della speranza». Una speranza che c’è anche nei momenti bui e più difficili, quando Dio non smette di amarci. Artefice e garante per alimentare la Fede e vivere questa speranza è lo Spirito, che Dio ha donato all’uomo come segno del suo amore.

«Il nostro vanto più grande – ha proseguito – sarà quello di avere come Padre un Dio che non fa preferenze, che non esclude nessuno, ma che apre la sua casa a tutti gli esseri umani, a cominciare dagli ultimi e dai lontani, perché come suoi figli impariamo a consolarci e a sostenerci gli uni gli altri». Il vantarsi, però, ha spiegato il Pontefice citando un passo della Lettera ai Romani, non è una buona pratica perché – e cita la sua terra, in un paragona non molto diverso dalla nostra visione – «quelli che si vantano li chiamano pavoni». In questo senso, vantarsi di quello che si è o di quello che si possiede rappresenta una «mancanza di rispetto nei confronti degli altri, specialmente verso coloro che sono più sfortunati di noi».

Nonostante questo, Paolo invita a vantarsi «dell’abbondanza della grazia» di cui ci ha pervasi Cristo e questo è giusto perché ad agire bene non è l’uomo, ma è anzitutto Dio. «È lui il protagonista assoluto, che crea ogni cosa come un dono d’amore, che tesse la trama del suo disegno di salvezza e che lo porta a compimento per noi, mediante il suo Figlio Gesù».

Francesco ha poi messo in relazione la speranza in Dio e nella sua opera di amore, con la pace di cui i cristiani si devono fare portatori, perché avere speranza nel Signore significa essere in pace con se stessi e saperla trasmettere «a tutti gli ambiti e a tutte le relazioni della nostra vita: siamo in pace con noi stessi, siamo in pace in famiglia, nella nostra comunità, al lavoro e con le persone che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino».

Il Santo Padre ha poi però spiegato che la pace che offre il Signore non significa «l’assenza di preoccupazioni, di delusioni, di mancanze, di sofferenza». Anche San Paolo, infatti, affermava che «la pace che scaturisce dalla fede è un dono», perché rappresenta la consapevolezza che la misericordia e la bontà di Dio non ci abbandonano neanche «nei momenti più duri e sconvolgenti».

Concludendo la sua catechesi – e durante i saluti finale nelle varie lingue del mondo – il Papa ha esortato a promuovere sempre «una cultura inclusiva per le persone sole e per i senza fissa dimora». Francesco ha inoltre ricordato che ieri la Chiesa ha fatto memoria dei santi Cirillo e Metodio, patroni d’Europa, che sono stati oggetto anche della sua omelia a Santa Marta. «Questi due fratelli di Salonicco – ha affermato – ancora oggi ricordano all’Europa, e a noi tutti, il bisogno di mantenere l’unità della fede, la tradizione, la cultura cristiana e di vivere ogni giorno il Vangelo. Infine i ringraziamenti per il Coro Prealpi di Villapedergnano-Erbusco e per le Note Ascendenti di Sant’Eufemia-Lamezia Terme, che si sono esibiti durante l’Udienza.

15 Febbraio 2017

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