In Colombia il governo ha fermato il progetto di revisionare i libri scolastici per la promozione e l’implementazione dell’ideologia gender. La decisione di cambiare rotta è arrivata dopo la mobilitazione oceanica della popolazione, scesa in piazza con imponenti manifestazioni in tutto il Paese, supportata soprattutto dalla Chiesa locale che, in varie occasioni, aveva fatto sentire la propria voce e difeso la libertà religiosa dei genitori in campo educativo, oltre che la famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna.
In particolare, al centro delle polemiche, era finito il manuale dal titolo “Orientamenti sessuali e identità sessuali non egemoniche nella scuola”, promosso dall’esecutivo, dal Ministero dell’Istruzione, guidato dalla ministra omosessuale Gina Parody, e appoggiato addirittura dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione e dall’UNICEF.
Proprio i vescovi della Conferenza Episcopale Colombiana hanno espresso la loro soddisfazione in una nota ufficiale diffusa subito dopo la decisione del Governo e del Ministero dell’Educazione e si sono detti disposti, come sempre, ad un dialogo sereno e rispettoso con le Istituzioni, per far prevalere il bene comune e la sana convivenza tra le opinioni e le posizioni diverse, purché sia sempre salvaguardato il rispetto per l’altro. Si è ribadita, soprattutto, l’importanza della famiglia come “cellula fondamentale della società” e della necessità “di costruire ambienti liberi da violenze e discriminazioni”, che invece apparivano inevitabili con una revisione così ideologizzata dei libri scolastici. Un ultimo appello da parte dei vescovi è stato poi rivolto ai genitori, chiamati ad “assumersi, con vera responsabilità, la missione di essere i primi educatori dei loro figli secondo coscienza, e a partecipare attivamente a tutti i processi collegati con la loro formazione”.
Va ricordato, inoltre, che anche Papa Francesco, in più occasioni, ha messo in guardia dall’ideologia di genere. L’ultimo appello, infatti, risale alla sua recente visita in Polonia in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù quando, incontrando i vescovo polacchi nella Cattedrale di Cracovia, ha sottolineato come “in Europa, in America, in America Latina, in Africa e in alcuni paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche e una di queste – lo dico chiaramente con nome e cognome – è il gender!”. Stesso allarme era stato lanciato nell’Esortazione Apostolica post-sinodale “Amoris Laetitia” dove, al punto numero 56, il Santo Padre afferma: “è inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini”.
Il bilancio conclusivo di quanto accaduto in Colombia, però, riguarda anche l’Italia, ormai da mesi divisa sul dibattito gender e unioni civili. Le manifestazioni colombiane hanno dato il chiaro esempio di come ci sia bisogno di un popolo vigile e non disposto a rassegnarsi quando in gioco c’è il destino dei propri figli e, quindi, il futuro del proprio Paese. Un’altra lezione, inoltre, è arrivata dalla Chiesa locale, che non ha avuto timore di esporsi e mettersi in prima fila – metterci la faccia insomma – nel difendere i valori fondamentali su cui si basa qualsiasi società, tendendo la mano – come è giusto che sia – per evitare qualsiasi forma di discriminazione, ma allo stesso tempo restando ferma e decisa su quelli che sono dei valori NON negoziabili.
L’auspicio è che anche altri Paesi, soprattutto l’Italia, siano capaci di prendere esempio da quanto accaduto e avere maggiore consapevolezza sulle priorità da affrontare e sui valori da tutelare.
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