(Vangelo) All’inizio del discorso della montagna, dopo aver promulgato le “beatitudini”, parole sconvolgenti che introducono una valutazione nuova e rivoluzionaria della povertà, della giustizia, della pace, della persecuzione ecc., Gesù quasi riassume il suo insegnamento con un esempio: il suo discepolo deve essere nel mondo come il sale della terra e la lucerna: elementi semplicissimi, diremmo poveri, che incontriamo ogni giorno, ma cosi preziosi che sarebbe grande sventura se essi scomparissero dal nostro uso!
Il cristiano deve essere sale e luce non con le parole, ma con le opere, con tutta la sua esistenza. È un invito alla coerenza dei fatti con la dottrina, un invito all’azione. Il discepolo non deve agire per essere visto ed elogiato dagli uomini; sarebbe una deviazione imperdonabile, ma perché questo è il suo servizio a Dio e l’esempio che deve ai fratelli.
Forse l’uomo di oggi discute molto, fa delle adunanze, delle denunce verbali, che rimangono però sterili perché troppo poco accompagnate dalle opere.
(1° lettura) Come saremo sale e lucerna nel mondo? In molti modi, magari in un letto, accettando i nostri dolori; fuggendo le occasioni di peccato; mantenendo pura la coscienza; pregando ecc. La prima lettura ricorda un modo che è fondamentale ed essenziale: la carità verso il prossimo. Essa si manifesta nel lavorare per togliere l’oppressione dal mondo; offrendo il pane all’affamato; non coltivando l’odio; non fomentando rancori; evitando il “parlare empio”. Che direbbe il nostro autore di quei cristiani la cui parola scandalizza i fratelli, o addirittura si leva contro Dio nel bestemmiare? Chi non toglie dalla sua vita questi scandali, come può essere, anche in misura minima, sale e luce?
(2° lettura) La seconda lettura si può accordare abbastanza bene con le precedenti perché presenta l’esempio della predicazione di san Paolo a Corinto, “sale e luce” per gli abitanti di quella città. Paolo dichiara di aver predicato a Corinto non basandosi sulla sapienza o sull’autorità umana, ma di aver predicato con timore e trepidazione, nella debolezza. D’altra parte ha predicato con sincerità Gesù crocifisso, fiducioso non in se stesso, ma nella “potenza di Dio”. Proprio per questo lo Spirito gli è venuto incontro con la sua potenza, e la predicazione portò buoni frutti. L’applicazione al nostro lavoro e al nostro apostolato, è abbastanza facile.
Messaggio di questa Domenica
Le due sapienze; quella del mondo e quella di Gesù Cristo e del suo Vangelo.
In ogni cristiano è in atto una lotta; c’è poco da fare, se eliminiamo la consapevolezza di questa lotta in noi credenti in Cristo lo facciamo solo per appiattire la nostra vita cristiana, lo facciamo solo perché tutto scorra in modo banale e rassicurante, in modo quietistico; troppe volte nella Chiesa i cristiani, a tutti i livelli di responsabilità, agiscono solo per controllare che tutto proceda secondo uno schema solito, metodico, osservante ma non compromettente; non si vogliono sbalzi, non si vogliono lotte che producano messe in discussione; non si vogliono vere svolte! È tristemente così! E lo è, in primo luogo, nelle nostre singole vite.
La verità è invece un’altra: in chi segue Cristo proprio il Vangelo genera una lotta senza quartiere tra due sapienze; quella del mondo e quella di Gesù Cristo e del suo Vangelo.
Paolo, nel tratto della sua Prima lettera ai cristiani di Corinto che ascoltiamo in questa domenica, ce lo dice e lo fa, in fondo, narrando la lotta che lui stesso ha dovuto combattere: sapere solo Cristo crocefisso è voltare le spalle ad ogni altra sapienza … Prima di andare a Corinto, ci narra il Libro degli Atti degli Apostoli 17, 13-34, Paolo aveva tentato di battere le piste della sapienza del mondo, anzi della sapienza umana più sapiente che c’era al suo tempo, quella greca. Ad Atene, infatti, tentò un annunzio della fede non dico attraverso la sapienza umana, ma certo con un compromesso con essa: aveva parlato del Dio ignoto di cui aveva visto un’ara e aveva rivelato di conoscerlo; per parlarne però aveva creduto di dover saltare il discorso relativo alla croce; si lanciò così a parlare della sola resurrezione … ad Atene Paolo fallì perché la sapienza mondana non ricevette lì alcun colpo mortale da una sapienza diversa; così Paolo a Corinto andrà solo con la sapienza di Cristo che è la sapienza assurda, ignominiosa, vergognosa, scandalosa della croce: Ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocefisso! E la fede di quei Corinti nacque fondandosi sulla sapienza di Dio che contraddice le sapienze sagge e piene di buon senso del mondo.
Insomma il cristianesimo è rottura con il mondo! Le beatitudini, che domenica scorsa la liturgia ha fatto risuonare in tutta la Chiesa, ce lo hanno proclamato con forza e con la loro polemica elencazione di ciò che il mondo considera il peggio: povertà, pianto, mitezza, fame e sete, purezza, pacificazione, misericordia che perdona, persecuzione … il peggio o quanto meno vie che non pagano.
Sono però queste le vie di Cristo e di questi crocefisso per amore.
Su questa linea dobbiamo oggi ascoltare il prosieguo del discorso sul monte che la liturgia ci propone: imboccare la via della potenza debole di Dio è diventare qualche altra cosa ma non per se stessi ma proprio per quel mondo che è ingannato dalla sua stessa sapienza.
Notiamo infatti che Gesù dice ai suoi, che sono disposti ad imboccare l’alterità delle Beatitudini, che essi sono sale della terra e luce del mondo.
“Della terra” e “del mondo”.
Insomma se accolgono il sapore nuovo di Cristo la terra, e ricordiamo che l’uomo è l’adam, cioè il fatto con l’adamah che significa terra!, comincerà ad avere un altro sapore, quello di Cristo; come il sale essi saranno nascosti e invisibili ma daranno alla terra il suo vero sapore portandovi quello di Cristo.
Lo dovranno dare “dall’interno” perché il sale o sta “dentro” le cose o, dall’esterno, mostra solo un inutile biancore. Essere “dentro” significa essere disposti a compromettersi, a incontrarsi e scontrarsi con le insipienze e le corruzioni del mondo. Gesù fece così: diede all’umanità sapore di Dio lasciandosi toccare dai lebbrosi, lasciandosi sommergere dal male che l’uomo si porta addosso (cfr Mt 8,17) e sentendone l’orrore fino alla lotta nel Getsemani, lasciandosi baciare dal traditore, lasciandosi inchiodare al legno dei maledetti …
In questo nascondimento Gesù ha fatto risplendere la luce pasquale! Per questo Paolo ad Atene fallì: volle parlare di luce di resurrezione saltando il nascondimento della croce! Capiamo così che le due immagini che Gesù usa sembrano solo opposte, il sale si nasconde per essere quel che deve essere e la luce che non si deve nascondere ma anzi deve avere visibilità!; in realtà non sono opposte ma sono inestricabilmente legate l’una all’altra.
Per Gesù fu così: l’estremo nascondimento della croce è stato il brillare più alto! La gloria di Dio è luminosa sulla croce tanto che il centurione ed i soldati gridano: Veramente costui era il Figlio di Dio! (cfr Mt 27,54).
La lampada è posta sul lucernario della croce, e da lì illumina i lontani … lo fa però in un nascondimento estremo, su quel legno in cui nessuna gloria pare possa risplendere.
Il discepolo di Gesù o lo segue in questa contraddizione o non lo segue affatto! Il discepolo di Gesù deve avere il coraggio di fare la fine del sale perché solo così risplenderà come luce.
Il sale non si deve preoccupare di “fare” il sale, deve esserlo … la luce non si deve preoccupare di “fare” la luce, deve esserlo … quando si è sale e si è luce poi bisogna avere un altro coraggio quello di farsi collocare dalla mano di Dio: nel mondo, sul lucerniere. Sapendo che nel mondo ci sarà l’incontro-scontro con l’iniquità ed il non-senso e che il lucerniere ha la forma della croce.
Per la vita
Dal “Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della XVII giornata mondiale della gioventù”, Castel Gandolfo, 25 Luglio 2001.
“Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo”
Le due immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù sono complementari e ricche di senso. Nell’antichità, infatti, sale e luce erano ritenuti elementi essenziali della vita umana.
“Voi siete il sale della terra…”. Una delle funzioni primarie del sale, come ben si sa, è quella di condire, di dare gusto e sapore agli alimenti. Quest’immagine ci ricorda che, mediante il battesimo, tutto il nostro essere è stato profondamente trasformato, perché “condito” con la vita nuova che viene da Cristo (cfr Rm 6,4). Il sale, grazie al quale l’identità cristiana non si snatura, anche in un ambiente fortemente secolarizzato, è la grazia battesimale che ci ha rigenerati, facendoci vivere in Cristo e rendendoci capaci di rispondere alla sua chiamata ad “offrire i [nostri] corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (Rm 12,1). Scrivendo ai cristiani di Roma, san Paolo li esorta ad evidenziare chiaramente il loro modo diverso di vivere e di pensare rispetto ai contemporanei: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).
Per lungo tempo il sale è stato anche il mezzo abitualmente usato per conservare gli alimenti. Come sale della terra, siete chiamati a conservare la fede che avete ricevuto e a trasmetterla intatta agli altri. La vostra generazione è posta con particolare forza di fronte alla sfida di mantenere integro il deposito della fede (cfr 2 Ts 2,15; 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14).
Scoprite le vostre radici cristiane, imparate la storia della Chiesa, approfondite la conoscenza dell’eredità spirituale che vi è stata trasmessa, seguite i testimoni e i maestri che vi hanno preceduto! Solo restando fedeli ai comandamenti di Dio, all’Alleanza che Cristo ha suggellato con il suo sangue versato sulla Croce, potrete essere gli apostoli ed i testimoni del nuovo millennio.
È proprio della condizione umana e, in particolar modo, della gioventù, cercare l’Assoluto, il senso e la pienezza dell’esistenza. Cari giovani, nulla vi accontenti che stia al di sotto dei più alti ideali! Non lasciatevi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi e più autentici del loro cuore. Avete ragione di non rassegnarvi a divertimenti insipidi, a mode passeggere ed a progetti riduttivi. Se conservate grandi desideri per il Signore, saprete evitare la mediocrità e il conformismo, così diffusi nella nostra società.
“Voi siete la luce del mondo…“. Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell’intimo di ogni essere umano.
Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l’arrivo della luce dell’aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l’avvento del sole che è Cristo risorto!
La luce di cui Gesù ci parla nel Vangelo è quella della fede, dono gratuito di Dio, che viene a illuminare il cuore e a rischiarare l’intelligenza: “Dio che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse anche nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4,6). Ecco perché le parole di Gesù assumono uno straordinario rilievo allorché spiega la sua identità e la sua missione: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
L’incontro personale con Cristo illumina di luce nuova la vita, ci incammina sulla buona strada e ci impegna ad essere suoi testimoni. Il nuovo modo, che da Lui ci viene, di guardare al mondo e alle persone ci fa penetrare più profondamente nel mistero della fede, che non è solo un insieme di enunciati teorici da accogliere e ratificare con l’intelligenza, ma un’esperienza da assimilare, una verità da vivere, il sale e la luce di tutta la realtà (cfr Veritatis splendor, 88).
Nel contesto attuale di secolarizzazione, in cui molti dei nostri contemporanei pensano e vivono come se Dio non esistesse o sono attratti da forme di religiosità irrazionali, è necessario che proprio voi, cari giovani, riaffermiate che la fede è una decisione personale che impegna tutta l’esistenza. Il Vangelo sia il grande criterio che guida le scelte e gli orientamenti della vostra vita! Diventerete così missionari con i gesti e le parole e, dovunque lavoriate e viviate, sarete segni dell’amore di Dio, testimoni credibili della presenza amorosa di Cristo. Non dimenticate: “Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio” (Mt 5,15)!
Come il sale dà sapore al cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà senso pieno alla vita, rendendola riflesso della gloria di Dio. Quanti santi, anche tra i giovani, annovera la storia della Chiesa! Nel loro amore per Dio hanno fatto risplendere le proprie virtù eroiche al cospetto del mondo, diventando modelli di vita che la Chiesa ha additato all’imitazione di tutti. Tra i molti basti ricordare: Agnese di Roma, Andreas di PhúYên, Pedro Calungsod, Giuseppina Bakhita, Teresa di Lisieux, Pier Giorgio Frassati, Marcel Callo, Francisco Castelló Aleu o ancora Kateri Tekakwitha, la giovane irochese detta “il giglio dei Mohawks”.
Prego il Dio tre volte Santo che, per l’intercessione di questa folla immensa di testimoni, vi renda santi, cari giovani, i santi del terzo millennio!
La mia benedizione vi accompagna, mentre a Maria, Madre della Chiesa, affido ciascuno di voi, la vostra vocazione e la vostra missione.
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