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Papa. canonizza Junipero Serra: testimone di una Chiesa in uscita
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Papa. canonizza Junipero Serra: testimone di una Chiesa in uscita

“Siamo invitati alla gioia, non ad adattarci ai palliativi”. Così Papa Francesco nell’Omelia della Messa per la Canonizzazione del Beato p. Junipero Serra, nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, a Washington. Guardando alla missionarietà “dell’evangelizzatore della California”, ha esortato all’annuncio di Cristo, che tutti abbraccia e perdona, nella consapevolezza che lo spirito del mondo rischia di  “anestetizzare il cuore”. Le campane della gioia suonano in cielo e in terra perché la Chiesa ha un nuovo Santo: San Junipero Serra, l’evangelizzatore della California. Il canto del “Veni Creator Spiritus” ha dato inizio al rito della Canonizzazione, dopo la biografia letta dal postulatore e la Litania dei Santi, il Papa ha pronunciato la formula di canonizzazione. Prima l’affetto e la gioia di migliaia di persone hanno accompagnato il Papa al Santuario Nazionale dedicato all’Immacolata Concezione, patrona degli Stati Uniti. Quando Francesco è entrato nel Santuario è stato accolto dall’entusiasmo di oltre 4mila seminaristi, ma anche suore, religiosi, religiose e alcuni laici. Dopo aver sostato in preghiera davanti al Santissimo Sacramento ha indossato i paramenti ed in processione si è diretto verso l’Altare posto all’esterno della struttura, atteso da tantissimi fedeli, i vescovi americani, una delegazione dalla California e venti nativi americani, in abiti tradizionali. San Junipero Serra – “Avanti sempre avanti” Il nuovo Santo durante la metà del 1700 spese la sua vita “cercando di difendere la dignità della comunità nativa, proteggendola da quanti ne avevano abusato”. Abusi che oggi – ha detto il Papa nell’Omelia – continuano a procurare dispiacere. “Scelse un motto – ha precisato – che ispirò i suoi passi e plasmò la sua vita: seppe dire, ma specialmente seppe vivere dicendo: “Sempre avanti””. Il Papa ha poi ribadito la testimonianza data da San Junipero di una “Chiesa in uscita”, verso gli altri, e partendo dal fatto che il “cuore” corre rischi mortali se sedotto dallo “spirito mondano” ha sottolineato che “C’ è qualcosa dentro di noi che ci invita alla gioia e a non adattarci a palliativi che cercano semplicemente di accontentarci”. La gioia della misericordia La gioia per il Papa poggia sull’esperienza di offrire misericordia, perché  frutto dell’esperienza della misericordia di Dio. Francesco ha invitato al discernimento per una “vita piena”, “che abbia senso”, opposta ad una “triste” rassegnata e che “a poco a poco” diventa “abitudine” con la conseguenza letale di anestetizzare “il cuore”. La via indicata dal Papa è quella della missionarietà e della cura verso tutti, a fronte dello “spirito del mondo” che invece invita al “conformismo e alla comodità”. La bussola è il Vangelo. Il Papa esorta ad uscire e sulle orme di padre Junipero portare Cristo a tutti. Ha guardato all’umanità sofferente: nella fame, nella malattia, nel peccato, vite rovinate, spezzate, sporche, distrutte – ha detto – che hanno il peso del dolore del fallimento. Vite – ha esortato – “a cui annunciare la follia di un Padre che cerca di ungerli con l’olio della speranza, della salvezza”. “La gioia  – ha evidenziato –  il cristiano la sperimenta nella missione: andate alle genti di tutte le nazioni. La gioia il cristiano la trova in un invito: andate e annunciate. La gioia il cristiano la rinnova e la attualizza con una chiamata: andate e ungete”. La missione non è selettiva “Gesù – ha proseguito – non da una lista selettiva di chi “si” e chi “no”. La missione –  ha precisato il Papa – non nasce da un progetto elaborato, ma da una vita che si è sentita cercata e guarita, trovata e perdonata e non quando per agire si aspetta “una vita imbellettata, decorata, truccata”. “Andate agli incroci delle strade, andate… ad annunciare senza paura – ha ammonito – senza pregiudizi, senza superiorità, senza purismi a tutti quelli che hanno perso la gioia di vivere, andate ad annunciare l’abbraccio misericordioso del Padre”. L’errore non ha l’ultima parola Questo perché – ha concluso – gli sbagli, le illusioni ingannevoli, le incomprensioni, non hanno l’ultima parola nella vita di una persona. Il Santo Popolo fedele di Dio non teme lo sbaglio; teme la chiusura, la cristallizzazione in élite, l’attaccarsi alle proprie sicurezze. Sa che la chiusura, nelle sue molteplici forme, è la causa di tante rassegnazioni”. E nel giorno della festa del cielo ha indicato i Santi quali testimoni instancabili di una catena preziosa che annuncia e concretizza la Buona Novella per una “moltitudine affamata”.

24 Settembre 2015

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Almudena Martinez-Bordiu


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