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Card. Souraphiel: dottrina uguale per tutti, ma approcci pastorali diversi
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Card. Souraphiel: dottrina uguale per tutti, ma approcci pastorali diversi

Per un bilancio sui lavori del Sinodo all’inizio della terza ed ultima settimana di lavori, i il cardinale etiopico Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, ha parlatto con Radio Vaticano. R. – Finora, ringraziamo il Signore, sta andando tutto bene. Chi guida la Chiesa è lo Spirito Santo. Tutti i giorni preghiamo al Sinodo e anche tanta gente prega per noi, specialmente le famiglie, da tutte le parti del mondo, non solo cattoliche, anche quelle che non sono cristiane. La famiglia, infatti, è veramente il nucleo della società. D. – Sta sottolineando un aspetto significativo, chi è fuori da quest’aula, le famiglie che affrontando le crisi cui è sottoposta la famiglia oggi, guardano a questo Sinodo e pregano per il Sinodo. Questo è importante per voi? R. – Sì, è molto, molto importante. Ci sono crisi ideologiche, che riguardano l’uomo e la donna, l’ideologia gender ad esempio… Ma noi diciamo, come cattolici, che ciò che il Signore ci ha insegnato non cambierà: non siamo qui per cambiare la Dottrina della Chiesa. Il matrimonio è fra una donna e un uomo, e dobbiamo rispettare la vita ovunque: dal concepimento alla morte naturale. Tutto questo è la dottrina della Chiesa. Ma ci sono anche nuovi problemi che necessitano di una guida pastorale. Come si può parlare con i divorziati che si sono sposati per la seconda, la terza volta? Noi stiamo cercando di avere un approccio pastorale più umano ed anche cristiano. La Chiesa cattolica è universale. Io vengo dall’Africa e in Africa le famiglie hanno problemi, non gli stessi problemi dell’Europa o dell’America: lì c’è la povertà, l’immigrazione, il traffico degli esseri umani, la guerra, il commercio di  armi, lo sfruttamento delle risorse naturali africane. L’Africa è ricca, ma è povera, perché manca lo sviluppo umano e tecnologico. Allora, per la Chiesa universale avere una soluzione universale può essere difficile. Le dottrine rimangono le stesse per tutti, ma gli approcci pastorali possono essere diversi. D. – Questo nell’ottica di quanto detto da Papa Francesco, celebrando il 50.mo del Sinodo, quando ha parlato dell’importanza di camminare insieme cum Petro e sub Petro, auspicando anche un percorso di decentralizzazione della Chiesa… R. – Sì, è così, perché anche il Concilio Vaticano II lo aveva già previsto: le Chiese, in tutte le parti del mondo, sono cum Petro e sub Petro. Allora c’è l’universalità, ma dopo bisogna lavorare sul posto, guardando alle varie sfide che si affrontano. D. – Questo può significare anche che in un singolo contesto geografico ci possa essere un’ammissibilità, ad esempio, ai Sacramenti per quelle situazioni cosiddette ferite? I divorziati, risposati in alcuni contesti potranno eventualmente accedere all’Eucaristia e in altri posti no? R. – No, questo no. A livello dottrinale tutto sarà universale e uguale. Ma per l’approccio pastorale, per esempio, il Santo Padre ha chiesto che i processi di nullità siano studiati localmente con esperti locali. Non deve passare tutto per Roma e non occorre aspettare le risposte da Roma. In questo modo l’iter burocratico può accorciarsi. D. – Quindi criteri dottrinali universali, potremmo dire, ma applicazione pastorale nei singoli contesti? R. – Secondo le norme che il Santo Padre ci ha dato. D. – Il suo auspicio per questa ultima settimana di lavoro… R. – Questa settimana, la terza, è importante. Speriamo che i lavori dei gruppi siano fatti in modo che l’universalità della Chiesa cattolica venga preservata e che si dia una guida pastorale alle tante famiglie che la aspettano. Ci sono famiglie in difficoltà, ma ci sono anche famiglie fedeli che continuano la loro vita familiare, passando i valori dei nonni ai bambini. Anche queste vogliamo incoraggiare. D. – E’ bene parlare anche di loro… R. – Sì, non devono essere dimenticate.   Informazione di Radio Vaticano.

19 Ottobre 2015

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Almudena Martinez-Bordiu


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