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San Cirillo di Gerusalemme, vescovo e dottore della Chiesa
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San Cirillo di Gerusalemme, vescovo e dottore della Chiesa

Ricordati di Dio in ogni tempo

Strano destino quello di Cirillo di Gerusalemme: era un uomo pacifico e suo malgrado venne coinvolto in innumerevoli controversie dottrinali. Era un uomo sincero e cristallino e fu accusato ingiustamente di doppio gioco e di ambiguità. Un vescovo che amava sinceramente la sua comunità e, per motivi dottrinali falsi, venne mandato in esilio ben tre volte. Ma non è finita. Era un uomo di grande e sincera carità verso gli altri, specialmente i poveri, e fu accusato di dilapidare i beni della Chiesa e di arricchire se stesso. Insomma, lui, Cirillo, uomo mite e tranquillo, dovette vivere in tempi turbolenti per l’ortodossia e la sopravvivenza stessa della Chiesa di Cristo.

Ma visse nonostante le molteplici difficoltà, lottò con coraggio, si difese nella verità e nella carità, predicò con successo alla gente ed infine le sue posizioni dottrinali trionfarono nel Concilio del 381. E la Chiesa, anche grazie a lui, superò la tremenda prova, potenzialmente devastante, della perniciosa eresia ariana che prosperò e imperversò per vari decenni. Una figura degna di essere ricordata oggi, anche per farci capire quanto è costato in termini di sacrifici, non solo psicologici ma anche fisici, la difesa dell’ortodossia della fede cristiana e quante lotte non indolori ha richiesto la conquista e la difesa, per esempio, del Credo che noi ripetiamo, magari distrattamente, nella Messa domenicale.

Ottimo predicatore, convincente e preparato

Cirillo nacque a Gerusalemme (o dintorni) nel 315 da una buona famiglia cristiana praticante. Essendo anche benestante poté assicurare al giovane una eccellente preparazione culturale. Non sembra che sia stato monaco, ma certamente praticò con impegno l’ascesi di tipo monastico. Di una cosa si è certi: Cirillo era diventato un vero esperto della Scrittura: la prova si ha dalle numerose citazioni che egli ne ha fatto nelle sue opere, segnatamente nelle famose Catechesi, per le quali è universalmente famoso e ammirato ancora oggi.
Fu ordinato sacerdote nel 345, quindi a 30 anni suonati. Fu proprio in questo periodo che egli pronunciò le famose catechesi che servivano da istruzione per i catecumeni.
Istruzioni catechistiche robuste nel contenuto, con ampie e continue citazioni bibliche, semplici nella forma, accessibili a tutti nel linguaggio, appassionate e persuasive nello stile, spiritualmente solide e nutrienti.

Non solo un vero pastore ma anche un ottimo maestro di fede. Insomma si faceva capire da tutti quelli che erano interessati a capire: gente semplice senza tanta istruzione che aveva la volontà di imparare e prepararsi al battesimo, mentre quelli con l’istruzione necessaria non ne avevano tempo (capita anche oggi). E dobbiamo tutto ad uno dei suoi uditori, che non solo fu contento di ascoltarlo, ma ebbe la felicissima intuizione (da lodare nei secoli) di stenografarle. E così sono giunte a noi.

Nel 350 circa, venne ordinato per la sede di Gerusalemme per le mani del vescovo metropolitano Acacio di Cesarea. E da costui arrivò non solo l’unzione episcopale ma anche una pioggia di guai e sofferenze per il buono e mite Cirillo.

Sulla sua persona, sull’elezione e sulla sua ortodossia ci furono (a torto) dei dubbi per il fatto che era stato eletto e ordinato da un vescovo non in odore di santità, ma addirittura di arianesimo. Se all’inizio Acacio di Cesarea sembrava solo simpatizzante ariano poi lo divenne con convinzione.

Dov’era il pericolo di questa eresia, che era stata abbracciata da vescovi, imperatori e altri funzionari statali? Molto semplice: andava alla radice stessa della fede cattolica, cioè a Gesù Cristo. Questi (secondo Ario, il fondatore, e i successori convinti o simpatizzanti tali) non era il Figlio di Dio, la Seconda Persona della Trinità ma era semplicemente un “demiurgo” un “semidio”, uno “simile” al Padre, non certamente “Luce da Luce e della stessa sostanza”, cioè sullo stesso piano. Una eresia, come si vede, micidiale per l’ortodossia: minava alla radice la fede nella Trinità e distruggeva la cristologia: Gesù visto così non poteva essere il Salvatore e Redentore di tutti, perché il suo sacrificio non aveva valore universale non essendo Figlio di Dio. Ario e la sua eresia era già stata condannata nel Concilio di Nicea (325). Qui si affermò solennemente che Gesù Cristo è Figlio di Dio, “della stessa sostanza” del Padre, e si affermò pure che Egli è “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato”.

Ma nonostante la sconfitta conciliare l’arianesimo continuò tramite gli appoggi in alto (imperatori e vescovi) fino ai giorni di Cirillo. Fu grazie all’opera appassionata di personaggi come Atanasio, Ilario, Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio di Nissa (per rimanere in Oriente) che venne ristabilita la supremazia dell’ortodossia.

Difensore della divinità di Cristo

Quando l’arianesimo di Acacio divenne manifesto, volendosi staccare dal suo controllo, Cirillo riaprì la vecchia questione della supremazia della sede metropolitana (anche perché c’era stato un certo riconoscimento di quella di Gerusalemme e quindi…), rivendicò maggiore autonomia per la sede gerosolimitana, sconfessando nei fatti il primato di Cesarea e quindi di Acacio. Questi allora, come risposta, convocò un sinodo, ma Cirillo non vi partecipò neppure perché la decisione era già precostituita, in quanto la maggioranza era ariana. Fu accusato di insubordinazione, di vendita dei beni della Chiesa per nutrire i poveri in tempo di carestia e di… non sostenere le tesi ariane (o, con parola difficile, di essere un “omo-ousiano”).

Risultato già annunciato: la condanna e l’esilio. Ci andrà ben tre volte in circostanze diverse, per cui dei suoi 36 anni di episcopato, ben 16 li passerà in esilio.
Fu nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli (381) che la professione di fede di Nicea fu ripresa e qui (presente anche il grande Gregorio di Nissa) Cirillo dissipò tutti i dubbi che gli si attribuivano (di simpatie ariane, che, per la verità, non ebbe mai) sottoscrivendo e accettando anche il termine “omo-ousios” cioè “della stessa sostanza”, parola che era considerata la sigla dell’ortodossia e quindi dell’anti arianesimo.

Cirillo non era solo intraprendente e brillante nell’educazione religiosa del suo gregge, ma era anche molto sensibile e sollecito verso i poveri. Carità e assistenza ai bisognosi lo accompagnarono sempre. È rimasto famoso un episodio (che fu anche fonte di accuse per lui) e che, anche se tramandato in modo confuso, ci dà la misura della grandezza morale di Cirillo. Durante una carestia egli vendette, per ricavarne denaro e soccorrere i poveri, alcuni arredi di proprietà della Chiesa. Tra di essi una stoffa preziosa, donata dall’imperatore Costantino ad un vescovo. Questa poi fu rivenduta dal compratore ad un’attrice e riutilizzato come abito di scena.

La cosa sembrò scandalosa e naturalmente strumentalizzata dai suoi numerosi avversari ariani. Un simile episodio capitò anche ad Ambrogio da Milano. E questi rispose alle accuse anche stavolta degli ariani che “se la Chiesa ha dell’oro non è per custodirlo, ma per donarlo a chi ne ha bisogno…

Meglio conservare i calici vivi delle anime che quelli di metallo”. Non ci viene tramandata nessuna reazione di Cirillo alle accuse, ma certamente lo spirito che lo animava era lo stesso: nutrire il corpo di Cristo spiritualmente nella catechesi, e aiutarlo anche nel bisogno fisico. Un comportamento da “buon pastore” e da santo.

In alto i cuori

Quindi il sacerdote esclama: “In alto i cuori”. Questo è davvero il momento terribile in cui dobbiamo tenere il cuore elevato a Dio e non rivolto verso la terra, verso gli affari terreni. È come se il sacerdote comandasse di lasciare in quel momento le sollecitudini di questa vita e le preoccupazioni domestiche e di tenere il cuore in alto verso il buon Dio.
Quindi voi rispondete: “Sono già rivolti a Dio”, e con le parole che pronunciate, date il vostro assenso a quel comando. Non vi sia nessuno che dica con la bocca “sono già rivolto a Dio” e abbia invece la mente occupata nelle faccende di questa vita. Dobbiamo ricordarci in ogni tempo di Dio. E se questo ci è impossibile per l’umana debolezza, dobbiamo sforzarci di ottenerlo almeno in quel momento. (Catechesi Mistagogica V, 4)

Efficacia delle preghiere per i defunti

Voglio farvene persuasi con un esempio, perché ho sentito molti dire così: Che giova all’anima uscita da questo mondo, con o senza peccati, questo ricordo nelle preghiere? Se un re avesse mandato in esilio degli uomini che l’hanno offeso, e quindi dei parenti loro avessero intrecciato una corona e l’avessero offerta al re a nome dei puniti, forse che il re non sarebbe indotto a perdonare? Allo stesso modo, quando offriamo a Dio preghiere per i defunti, anche se sono peccatori, noi non presentiamo una corona intrecciata dalle nostre mani, ma offriamo il Cristo immolato per i nostri peccati e rendiamo propizio il buon Dio verso di loro e verso di noi. (Da Catechesi Mistagogica V, 10)

Tenere a memoria il Credo

Cerca di tenere bene a memoria il simbolo della fede (il credo). Esso non è stato fatto secondo capricci umani, ma è il risultato di una scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura. Essi compongono e formano l’unica dottrina della fede. E come un granellino di senapa, pur nella sua piccolezza, contiene in germe tutti i ramoscelli, così il simbolo della fede contiene, nelle sue brevi formule, tutta la somma di dottrina che si trova tanto nell’antico quanto nel Nuovo Testamento. (San Cirillo di Gerusalemme).

Fonte: RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007- 3

18 Marzo 2017

About Author

Gianni De Luca Nasce in Abruzzo, a Tagliacozzo in provincia dell'Aquila. Dopo avere conseguito il diploma di ragioniere e perito commerciale, si trasferisce a Roma, dove, attualmente, vive e lavora. Laureatosi in Economia e Commercio lavora due anni in Revisione e Certificazione dei bilanci prima di iniziare a collaborare con uno Studio associato di Dottori Commercialisti della Capitale. Decide, ad un certo punto, di seguire la nuova via che gli si è aperta e, così, consegue prima il Magistero in Scienze Religiose presso l'Istituto Mater Ecclesiae e, poi, la Licenza in Teologia dogmatica presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino in Urbe "Angelicum". Attualmente lavora come Insegnante di Religione cattolica negli Istituti di Istruzione superiore di Roma. Appassionato di Sacra Scrittura, tiene conferenze, anima da circa 20 anni un incontro biblico, presso l'Istituto M. Zileri delle Orsoline Missionarie del Sacro Cuore in Roma, e da circa 10 la Lectio divina sulle letture della Domenica presso la Basilica parrocchiale di Sant'Andrea delle Fratte. Animatore del gruppo di preghiera "I 5 Sassi", è organizzatore di pellegrinaggi e ritiri spirituali.


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