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Con la pubblicazione della dichiarazione Fiducia Supplicans da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede lo scorso 18 dicembre, il dibattito sullo statuto teologico della benedizione è tornato alla ribalta. Per questo motivo, in questo articolo, intendo affrontare alcune considerazioni che possano far luce sull’argomento.

1. Lo statuto teologico-liturgico della benedizione

Il Concilio Vaticano II, partendo dalla definizione di liturgia che Pio XII aveva già formulato nella Mediator Dei, ha affermato: “La liturgia è giustamente considerata come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo. In essa i segni sensibili significano e, ciascuno a suo modo, realizzano la santificazione dell’uomo, e così il Corpo Mistico di Gesù Cristo, cioè il Capo e le sue membra, esercitano il culto pubblico nella sua interezza” (SC 7b).

Quindi, secondo questa definizione, possiamo concludere che la liturgia è in definitiva il culto pubblico della Chiesa le cui caratteristiche sono: “è offerto in nome della Chiesa da persone legittimamente designate e con atti approvati dall’autorità della Chiesa” (can. 834 §2). Seguendo queste indicazioni, quindi, possiamo distinguere quattro azioni liturgiche: 1. la Santa Messa, 2. la Liturgia delle Ore, 3. i Sacramenti e 4. i sacramentali. I sacramentali, a cui appartengono le benedizioni.

Lo stesso documento conciliare definisce un sacramentale come segue: “sono segni sacri creati sul modello dei sacramenti, per mezzo dei quali si esprimono effetti, soprattutto di natura spirituale, ottenuti per intercessione della Chiesa. Attraverso di essi si preparano le persone a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e si santificano le varie circostanze della vita” (SC 60). Pertanto, affermando che la benedizione o supplica appartiene a questo quarto gruppo di azioni liturgiche della Chiesa, stiamo dicendo che la sua efficacia dipende dalle buone disposizioni dei fedeli che la ricevono: “la Liturgia dei sacramenti e dei sacramentali fa sì che, nei fedeli ben disposti, quasi ogni atto della vita sia santificato dalla grazia divina che scaturisce dal mistero pasquale della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, da cui tutti i sacramenti e i sacramentali ricevono la loro forza, e fa sì che anche l’uso onesto delle cose materiali sia ordinato alla santificazione dell’uomo e alla lode di Dio” (SC 61). Quindi, se è vero che “quando si invoca una benedizione, essa non deve essere sottoposta a un’analisi morale esaustiva come condizione preliminare per il suo conferimento. Non si deve chiedere loro una precedente perfezione morale” (FS 25), non è meno vero che, data l’entità naturale di un sacramento, si deve tener conto delle disposizioni personali.

Stabilito il quadro principale della nostra riflessione, veniamo al tema delle benedizioni. Per benedizione intendiamo una supplica innalzata dalla Chiesa a Dio in cui essa “invita gli uomini a lodare Dio, li incoraggia a chiedere la sua protezione, li esorta a rendersi degni della sua misericordia con una vita santa, e usa alcune preghiere per impetrare i suoi benefici e ottenere un felice risultato in ciò che chiedono”(B 9) e “per chiarire meglio, le formule di benedizione, secondo l’antica tradizione, tendono principalmente a glorificare Dio per i suoi doni, a impetrare i suoi benefici, a impetrare i suoi benefici e a ottenere un felice risultato in ciò che chiedono”(B 9), le formule di benedizione, secondo l’antica tradizione, tendono come scopo principale a glorificare Dio per i suoi doni, a impetrare i suoi benefici e ad allontanare dal mondo il potere del maligno” (B 11b).

Dobbiamo anche distinguere tra due tipi di benedizioni: da un lato, la benedizione invocativa: si tratta di una preghiera che la Chiesa eleva a Dio su una persona, un animale o un oggetto, chiedendo una grazia per esso senza alterare nulla in esso. In questo senso, intendiamo per benedizione invocativa la benedizione di un anziano, di un bambino, di un rosario, di un laboratorio, ecc. La benedizione costitutiva, invece, è quella preghiera che la Chiesa eleva a Dio attraverso i suoi ministri e che spesso ha un elemento epicletico, per cui l’effetto sulla persona o sull’oggetto invocato ne altera il significato o lo scopo. Per invocazione costitutiva intendiamo la dedicazione di una chiesa o di un altare, la professione religiosa, la benedizione di un abate, la benedizione dell’acqua, la consacrazione del santo crisma, ecc. Inoltre, possiamo stabilire un terzo gruppo che, senza far parte della benedizione, è strettamente legato ad essa come sacramentale: la supplica stessa. Per supplica intendiamo qualsiasi preghiera che la Chiesa eleva a Dio attraverso un ministro qualificato implorando una grazia per la persona per cui intercede. In questo gruppo rientrano la celebrazione dei funerali e gli esorcismi maggiori.

Riguardo a questo primo blocco possiamo concludere che non c’è benedizione che non sia liturgica poiché, facendo parte dei sacramentali, ed essendo questi il quarto tipo di azioni liturgiche, scaturiscono dal mistero pasquale di Gesù Cristo, sono stati istituiti dalla Chiesa, con libri liturgici ad hoc, ricevendo la loro efficacia dalla stessa preghiera e fede della Chiesa e la loro fecondità a seconda della fede e delle disposizioni del soggetto che li riceve.

2. Uso pastorale delle benedizioni

Per avvicinarci a questa seconda sezione sull’uso pastorale della benedizione, dobbiamo rivolgerci ai libri liturgici dove le benedizioni utilizzate nella vita sacramentale della Chiesa sono preparate dall’autorità ecclesiastica.

Innanzitutto il libro delle benedizioni, per eccellenza, chiamato Bendicional (in latino De Benedictionibus). Una rapida lettura dell’indice mostra che la Chiesa distingue tre blocchi di benedizioni: A) benedizioni che si riferiscono direttamente alle persone; B) benedizioni che riguardano gli edifici e le varie attività dei cristiani; C) benedizioni di cose che nelle chiese sono destinate all’uso liturgico o alle pratiche devozionali. Pertanto, per quanto riguarda l’uso pastorale delle benedizioni, vorrei concentrarmi sui primi due blocchi del Benedizionale:

A) Benedizioni che si riferiscono direttamente alle persone: in questo blocco troviamo le benedizioni per le famiglie, per gli sposi in occasione del loro anniversario, per i bambini, per gli anziani, per i catechisti, ecc. Benedizioni che hanno in comune la richiesta di una grazia speciale e concreta da parte di Dio per queste persone: o per chiedere forza di fronte alla malattia o alla vecchiaia, o per chiedere una benedizione su una persona che esercita un ministero in parrocchia. E anche in questo primo blocco troviamo una benedizione per accompagnare e rafforzare una coppia stabile che si è impegnata fermamente ad entrare nel santo matrimonio. È la benedizione dei fidanzati. Ovviamente, questa benedizione è rivolta a una coppia eterosessuale in vista della celebrazione del matrimonio. Una lettura attenta dei prenotatori di questa benedizione ci avverte delle condizioni che devono essere soddisfatte per impartirla: in primo luogo, notiamo che si tratta di un rito di benedizione che può essere esercitato sia da un ministro ecclesiastico sia dal padre di famiglia, nell’intimità della casa, esercitando liturgicamente il sacerdozio comune conferito dal battesimo. Questa stessa rubrica stabilisce le condizioni necessarie perché si svolga senza dare l’apparenza di un matrimonio: Ma se sono presenti un sacerdote o un diacono, è più propriamente loro il compito di presiedere, purché sia chiaro ai presenti che non si tratta della celebrazione del matrimonio” (B 198) e più avanti insiste “Ma il fidanzamento o la benedizione speciale degli sposi non dovrebbero mai essere combinati con la celebrazione della Messa” (B 200).

B) Benedizioni riguardanti gli edifici e le varie attività dei cristiani: qui il Benedizionale distingue due ambiti principali: la casa e il luogo professionale o i mezzi tecnici di lavoro. Per quanto riguarda il primo ambito (anche se si trova nella terza sezione dell’indice del Benedizionale) possiamo stabilire una liturgia domestica in cui il padre o la madre, esercitando il loro sacerdozio battesimale, possono impartire la benedizione, all’interno della casa, sia sulla Corona d’Avvento posta in casa sia sul Presepe o sull’albero di Natale. Nel secondo blocco si parla di una liturgia del luogo di lavoro in cui è il ministro sacro a implorare una benedizione da Dio sia sul luogo di lavoro (un’officina, una falegnameria, un negozio, una biblioteca) sia sugli strumenti con cui si svolge la vita lavorativa (attrezzi da lavoro, un’automobile, un camion, o altro). Insomma, in questo primo libro liturgico troviamo un uso pastorale della benedizione più che sufficiente.

Un secondo libro in cui possiamo trovare usi pastorali della benedizione è il Rituale dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti (RCIA), che contiene una raccolta di benedizioni che la Chiesa offre ai catecumeni che si preparano a ricevere il battesimo. Queste benedizioni sono chiamate “sussidi liturgici” nelle Osservazioni preliminari: “Infatti, da quel momento i catecumeni (che la Santa Madre Chiesa abbraccia già come suoi con amore e cura materna, perché sono legati a lei) sono già della “famiglia di Cristo”: sono nutriti dalla Chiesa con la parola di Dio e favoriti con i sussidi liturgici. Perciò i catecumeni devono stimare con tutto il cuore la partecipazione alla liturgia della parola e la ricezione delle benedizioni e dei sacramentali” (18) e poi aggiunge: “Con i riti liturgici appropriati la santa madre Chiesa aiuta i catecumeni nel loro cammino ed essi vengono gradualmente purificati e sostenuti con la benedizione divina” (18.3).

Poiché queste persone non hanno ancora ricevuto la grazia santificante del battesimo e sono quindi ancora esposte alle forze del male in piena regola, la Chiesa, esercitando la sua maternità nei confronti di questi bambini che si preparano al battesimo, ha predisposto una serie di preghiere in cui chiede per loro la forza necessaria per resistere al male e combatterlo, nonché la prevenzione di vizi, peccati e debolezze che potrebbero ostacolare la loro conversione e preparazione. Lo stesso rituale si esprime in questo modo: “Le benedizioni, con le quali si manifestano la carità di Dio e la sollecitudine della Chiesa, siano offerte anche ai catecumeni, affinché, pur mancando ancora della grazia dei sacramenti, possano almeno ricevere dalla Chiesa incoraggiamento, gioia e pace nel proseguire i loro sforzi e il loro cammino” (RCIA 102).

In questo senso, sono benedizioni che aiutano, sostengono e accompagnano le persone con una situazione di vita al di fuori della piena comunione della Chiesa, come si manifesta in questa preghiera: “O Dio che, con la venuta del tuo unigenito Figlio Gesù Cristo, hai provvidenzialmente liberato il mondo dall’errore, ascoltaci e dona ai tuoi catecumeni intelligenza, perfezione, fermezza nella fede e sicura conoscenza della verità, affinché progrediscano di giorno in giorno in ogni virtù, ricevano al momento opportuno la rigenerazione per il perdono dei peccati e glorifichino con noi il tuo nome. Per Gesù Cristo nostro Signore” (RCIA 124).

C) I rituali dei vari sacramenti e i sacramentali stessi: poiché anche le benedizioni e le suppliche sono concepite come una preparazione o una spiegazione del sacramento ricevuto o da ricevere. Facciamo qualche esempio: per battezzare un bambino, ci sono una serie di sacramentali che preparano e predispongono il bambino al battesimo: gli esorcismi minori, l’unzione catecumenale o la stessa consacrazione dell’acqua. Ma subito dopo il battesimo, per mostrare esplicitamente la grazia ricevuta, la sua nuova condizione, si ricorre a un’altra serie di sacramentali, come l’unzione con il Santo Crisma, l’imposizione della veste bianca, ecc. Nel rito del matrimonio – altro esempio – troviamo una benedizione dopo il consenso, sugli anelli nuziali e sull’arco, che esplicita la nuova unione sacramentale stabilita tra l’uomo e la donna. Allo stesso modo, la benedizione nuziale che, dopo il Padre Nostro, viene impartita sugli sposi, contiene un’epiclesi che consacra l’amore umano, rendendolo indissolubile.

Riguardo a questa seconda parte, possiamo concludere che tutte le benedizioni liturgiche – in questo caso le invocazioni – hanno un valore pastorale che di per sé aiuta i fedeli cristiani a santificare se stessi personalmente e la loro vita quotidiana, sia in casa, sia nel lavoro professionale, sia nelle condizioni esistenziali, sia per la preparazione e lo sviluppo della grazia che ricevono nel corso della loro vita passando attraverso il settenario sacramentale. È quanto esprime la stessa Benedizione nei suoi preamboli 14 e 15.

3. Benedizioni e Fiducia Supplicans

Per quanto riguarda la dichiarazione Fiducia Supplicans, poi, vediamo come la presunta distinzione tra benedizione liturgica e benedizione pastorale non trovi posto in una sana e corretta comprensione teologica del mistero cristiano, dal momento che non c’è benedizione che non sia un’azione liturgica, soprattutto quando il rito stesso riconosce il potere liturgico di un padre o di una madre di famiglia di benedire la propria famiglia all’interno della casa e in condizioni specifiche. In questo senso, la Dichiarazione confonde la motivazione devozionale della petizione con la natura teologica della risposta (cfr. FS 28 e 35-36). In altre parole: ciò che la devozione richiede, la liturgia lo concede.

In questo senso, il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede manca del rigore teologico-liturgico che potrebbe portare a un’adeguata cura pastorale per le persone che vivono in unioni irregolari (siano esse coppie dello stesso sesso, coppie formate da persone che vivono in adulterio, o persone che decidono di non sposarsi in Chiesa anche se potrebbero farlo e rimanere coppie non sposate…) perché per queste situazioni gli stessi riti offrono benedizioni che chiamano il peccatore alla conversione e lo sostengono nella sua lotta contro il peccato. ) perché per queste situazioni gli stessi riti offrono benedizioni che chiamano il peccatore alla conversione e lo sostengono nella sua lotta contro il peccato. Ma ovviamente ci deve essere la volontà da parte loro di interrompere la relazione e di confidare nella grazia di Dio che può aiutarli attraverso la benedizione divina. Cosa viene omesso in FS 30 e 38. Indubbiamente, il miglior rito a cui possono essere condotti è quello della Penitenza.

Quindi non c’è, e non può esserci, una benedizione rivolta a una coppia unita da un legame affettivo o emotivo peccaminoso. In questo senso la Chiesa non è proprietaria della benedizione divina, ma ne è l’amministratrice, e come una buona amministratrice deve attenersi alle condizioni imposte dal proprietario della benedizione, che è Dio stesso.

Sulla base di quanto detto, la recente dichiarazione Fiducia Supplicans dovrebbe essere rivista e corretta sia per gli effetti che ha prodotto sia per indicare migliori orientamenti per la cura pastorale e liturgica di chi vive in oggettive situazioni di peccato. Una triste realtà che ci viene imposta più spesso di quanto vorremmo. Inoltre, è necessaria una revisione dei rituali, viste le occasioni in cui dobbiamo battezzare un bambino nella stessa celebrazione del matrimonio dei genitori o le parti del rituale del battesimo dei bambini che sono in contraddizione con la situazione irregolare dei genitori del bambino… per fare qualche esempio.

Che il Signore Gesù, benedizione del Padre per il mondo, effonda le sue benedizioni e protegga la sua Chiesa da ogni pericolo. Amen.

Francisco Torres Ruiz, pbro.

19 Gennaio 2024

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