In una dichiarazione ufficiale, il Dicastero vaticano per i Testi legislativi ha ribadito che non è legittimo per le diocesi divulgare accuse contro persone decedute, sostenendo che ciò potrebbe violare principi fondamentali del diritto, come la presunzione di innocenza e la non retroattività della legge penale.
Il quotidiano statunitense The Pillar ha pubblicato il documento, firmato da Filippo Iannone, prefetto del Dicastero, e dal segretario Juan Ignacio Arrieta nel settembre 2024, che risponde a una consultazione sull’applicazione del canone 220 del Codice di diritto canonico, che protegge la buona reputazione delle persone. Secondo la risposta del Dicastero, non è accettabile pubblicare informazioni che danneggiano la reputazione di una persona deceduta, nemmeno con l’argomento della trasparenza o della riparazione storica.
Il Dicastero sottolinea che non si può accusare o giudicare qualcuno per atti che all’epoca non erano considerati un crimine, né rendere pubbliche liste di accusati senza una condanna definitiva. A questo proposito, cita Papa Francesco, che nel 2019 ha affermato che “la pubblicazione di liste di accusati, anche da parte delle diocesi, prima di un’indagine preliminare e di una condanna definitiva, deve essere evitata”.
Presunzione di innocenza e irretroattività nel diritto penale
Secondo il Dicastero per i testi legislativi, “il problema giuridico, tuttavia, non si limita all’impossibilità per una persona deceduta di difendersi dalle accuse, ma riguarda almeno due principi universali del diritto”. L’organismo vaticano cita il principio della presunzione di innocenza, secondo il quale ogni persona è innocente fino a prova contraria, e il principio di irretroattività della legge penale, secondo il quale nessuno può essere processato o accusato per atti che, al momento in cui sono stati commessi, non costituivano reato secondo la legge vigente. “Le norme penali hanno solo effetti verso il futuro (cfr. canoni 9; 18; 1313) e non possono essere applicate ad atti che, al momento in cui sono stati commessi, non erano considerati illeciti, crimini o reati, ad esempio per quanto riguarda le cosiddette omissioni dei doveri generali di vigilanza”, si legge nella nota.
Inoltre, il Dicastero sottolinea che “questi principi, che sono di natura strutturale, non possono essere scavalcati da un presunto ‘diritto all’informazione’ che renderebbe di dominio pubblico qualsiasi notizia, per quanto credibile possa sembrare, se questa portasse a un danno reale ed esistenziale per le persone coinvolte, specialmente se le informazioni sono imprecise, infondate, false o, nel caso di persone decedute, completamente inutili”.
Il pronunciamento arriva in un momento in cui alcune istituzioni hanno promosso la pubblicazione di nomi di chierici deceduti coinvolti in accuse storiche, una pratica che, secondo il Vaticano, mina i principi di giustizia e il diritto alla difesa, soprattutto quando non c’è possibilità di replica da parte dell’accusato.
Contraddizione con il caso Gaztelueta
Sono sicuro che molti dei nostri lettori, dopo aver letto quanto sopra, avranno pensato a qualcuno i cui due diritti non sono stati rispettati: l’ex-professore numerario della scuola Gaztelueta che il Vaticano (essendo un laico9 ) sta giudicando ad casum.
Sebbene il documento del Dicastero per i Testi Legislativi sia orientato al trattamento delle informazioni che le diocesi devono fornire sulle persone decedute accusate di abusi sessuali, è paradossale che questo organismo metta in evidenza due principi fondamentali del diritto internazionale che la Santa Sede attualmente non rispetta e calpesta.
Il Dicastero per i Testi legislativi valorizza il diritto alla “presunzione di innocenza”, a cui il giudice del “caso Gaztelueta”, il vescovo della diocesi di Teruel, José Antonio Satué, non ha mai creduto, dal momento che ha scritto all’ex-professore una lettera in cui lo invitava a dichiararsi colpevole e a rendere “più facile” l’intero processo.
D’altra parte, il Dicastero mostra il suo rispetto per “il principio di irretroattività della legge penale, in base al quale nessuno può essere giudicato o accusato per atti che, al momento in cui sono stati commessi, non costituivano reato secondo la legge in vigore. “Le norme penali hanno effetti solo verso il futuro (cfr. canoni 9; 18; 1313)”. L’ennesima contraddizione del Vaticano, visto che José María Martínez è l’unica persona ad essere giudicata retroattivamente dalla Chiesa per un presunto caso di abuso per ordine esplicito di Papa Francesco, che ha anche tirato fuori dalla manica una legge ad hoc per questo caso.
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