Migliaia di persona per gridare il loro rifiuto all’aborto e difendere la vita, una vita che – parola del Vice Presidente Mike Pence – in America tornerà a vincere. Si è svolta oggi – si è conclusa poco fa, in pieno pomeriggio, mentre qui in Italia era già sera – la 44esima edizione della Marcia per la Vita di Washington.
Ed è stato appunto il vice di Donald Trump a dare il valore aggiunto alla manifestazione, perché – dopo il video messaggio di Reagan nel 1988 e il saluto telefonico di Bush nel 2008 – questa è stata la prima volta in assoluto che una carica istituzionale di un calibro così alto ha partecipato personalmente all’evento, scendendo in piazza e marciando tra la folla.
La marcia è stata caratterizzata da un entusiasmo senza precedenti, senza mai oltrepassare i limiti del buon senso e della manifestazione pacifica. Lo stesso Pence ha esortato le decine di migliaia di partecipanti a fare in modo che «questo movimento sia conosciuto per l’amore, non per la rabbia. Lasciate che questo movimento – ha affermato dal palco principale – sia conosciuto per la compassione e non per lo scontro. Quando si tratta di questioni di cuore, non c’è nulla di più forte della dolcezza. La vita in America sta vincendo!».
Come riporta anche il sito italiano zenit.org, il Vice Presidente degli Stati Uniti ha ricordato la questione della nomina del giudice della Corte Suprema nel posto che risulta vacante da quasi un anno, dopo la morte di Antonin Scalia, fiero cattolico e sostenitore della vita e della famiglia. La scelta, ha detto Pence, ricadrà su una persona che «difende la libertà che Dio ha sancito nella nostra Costituzione».
Nel corso della giornata è stato poi lo stesso Presidente Donald Trump a far arrivare il proprio supporto alla manifestazione pro-life attraverso un messaggio su Twitter. «La #MarchForLife – ha detto Trump – è molto importante. A tutti voi che manifestazione, avete il mio pieno appoggio».
Il corteo, come ogni anno, ha percorso circa 2 km lungo il Mall, fino ad arrivare davanti il palazzo della Corte Suprema, per protestare contro la sentenza del 1973 che ha legalizzato l’interruzione di gravidanza.
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