Vivere con fraternità affinché si possa disarmare l’odio e contrastare chi usa la violenza in nome della religione. E’ questo l’appello principale di Papa Francesco rivolto questa mattina in aula Paolo VI ai familiari delle vittime dell’attentato di Nizza dello scorso 14 luglio, dove persero la vita 86 persone e rimasero ferite più di 300, per la furia omicida di chi ha falciato così tante vittime con un camion, un uomo di trentuno anni, Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, con doppia nazionalità francese e tunisina che si pensa si possa essere radicalizzato attraverso il Web alla propaganda dello Stato Islamico.
In una sera di festa, come ha detto il Santo Padre, la violenza “ha colpito ciecamente” tante mamme, papà, giovani, bambini, nonni e nipoti che stavano guardando i fuochi d’artificio nell’affollatissima Promenade des Anglais, in occasione della festa nazionale francese. “Desidero condividere il vostro dolore – ha affermato il Pontefice – che si fa ancora più forte quando penso ai bambini, persino a intere famiglie, la cui vita è stata strappata all’improvviso e in modo così drammatico”.
Il Papa, che ha ricevuto un cesto con 86 garofani, tanti quante le vittime di quella tragica sera, ha parlato ai più di mille presenti in Aula Nervi in italiano, con il supporto della traduzione di un sacerdote di lingua francese. Francesco ha sottolineato la certezza cristiana della Resurrezione e della vita eterna “che – ha detto – appartiene anche ai credenti delle altre religioni”. E proprio questa certezza, ha augurato ai familiari, “possa esservi di consolazione nel corso della vita e costituire un forte motivo di perseveranza per continuare con coraggio il vostro cammino”. Papa Francesco ha poi avuto un pensiero per le tante persone rimaste ferite, in certi casi gravemente con atroci mutilazioni, ma che sono rimaste ferite non solo nella carne ma anche nello spirito e un pensiero particolare per “tutti coloro che per questo non sono potuti venire o sono ancora in ospedale”.
Nel suo discorso il Papa ha inoltre avuto parole di ringraziamento per le tantissime persone “che immediatamente hanno dato soccorso alle vittime, o che fino ad oggi, e di certo ancora a lungo, si dedicano a sostenere e accompagnare le famiglie”, ma anche tante associazioni di volontariato, tra le quali quella “Alpes-Maritimes Fraternité” che, come ha sottolineato lo stesso Francesco, raccoglie “rappresentati di tutte le confessioni religiose” e costituisce quindi un esempio e un “segno molto bello di speranza”. Ed è proprio questa speranza, ha detto il Papa, che invita tutti a “stabilire un dialogo sincero e delle relazioni fraterne tra tutti, in particolare tra quanti confessano un Dio unico e misericordioso” e questo rappresenta una “urgente priorità che i responsabili sia politici che religiosi devono cercare di favorire e che ciascuno è chiamato ad attuare intorno a sé”. Alla violenza, alla morte, a questi atti che Francesco ha chiamato “gli assalti del demonio”, il mondo deve rispondere soltanto con “le opere di Dio, che sono perdono, amore e rispetto del prossimo, anche se è differente”.
Infine, prima di percorrere tutta l’Aula Paolo VI per stringere le tante mani e abbracciare molti dei familiari presenti, il Papa ha voluto rivolgere un’ultima preghiera per la Francia e per gli uomini e le donne che sono chiamati a prendere le decisioni, affinché si possa costruire “una società giusta, pacifica e fraterna”.
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