Il vero digiuno della Quaresima e dei venerdì è quello di sporcarsi le mani e impegnarsi nell’aiutare il prossimo, affari disonesti e vanità sono partiche sporche e false, come se fossero tangenti. Con queste parole si è rivolto Papa Francesco ai fedeli presenti alla messa mattutina a Casa Santa Marta.
Come sempre il Pontefice ha preso spunto per la sua omelia dalle letture odierne, che parlando appunto di digiuno, che rappresenta la «penitenza che noi siamo invitati a fare in questo tempo di Quaresima». La prima lettura, in particolare, tratta dal Libro del profeta Isaia, parla del rimprovero di Dio alla falsa religiosità di chi digiuna curando però i propri affari sporchi. Questo tipo di digiuno, ha spiegato il Papa, è «un digiuno ipocrita, fatto per farsi vedere o per sentirsi giusto», ma nel frattempo si compiono ingiustizie. Francesco ha quindi raccontato quanto successo al padre gesuita Predo Arrupe in Giappone, che ricevette da un ricco uomo d’affari una busta con una donazione. Mentre gli veniva consegnata la donazione erano presenti un giornalista e un fotografo, ma la busta conteneva soltanto 10 dollari. Questo è quello che il Papa ha chiamato una “tangente della vanità”, per farsi notare e vedere. Sempre citando la prima lettura, ha affermato che le parole di Isaia sul digiuno sembrano dette «per i nostri giorni». Il profeta infatti afferma: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo senza trascurare i tuoi parenti?».
Francesco ha concluso invitando a pensare a queste parole, a pensare a come si può sentire un uomo che spende molto per se stesso ma poi non si ferma per aiutare chi, davvero affamato e in difficoltà, chiede un po’ di aiuto.
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