Il 4 luglio 2024, il Congresso del Dicastero per la Dottrina della Fede si è riunito per concludere il Processo Penale extragiudiziale ex can. 1720 CIC contro Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Carlo Maria Viganò, Arcivescovo Titolare di Ulpiana, accusato del reato riservato di scisma (cann. 751 e 1364 CIC; art. 2 SST)», si legge nel comunicato del Dicastero.
Il Vaticano sottolinea nella nota pubblicata che «sono note le sue dichiarazioni pubbliche, dalle quali emerge il suo rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, la comunione con i membri della Chiesa a lui sottomessi e la legittimità e l’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II».
Dichiarazione dell’arcivescovo Viganò
Da quando è stata resa nota l’apertura del processo penale da parte di Roma contro l’arcivescovo italiano, Viganò ha emesso diversi comunicati e dichiarazioni, attaccando duramente Papa Francesco e vari altri membri della Curia vaticana. Solo la settimana scorsa, Viganò ha accusato Francesco di «eresia e scisma» e ha chiesto che fosse rimosso dall’incarico che ricopre «indegnamente».
La decisione del Dicastero per la Dottrina della Fede
Al termine del processo penale, la Dottrina della Fede ha dichiarato che Monsignor Carlo Maria Viganò è colpevole del reato riservato di scisma e perciò ha decretato la scomunica latae sententiae ex can. 1364 § 1 CIC. Roma conferma che questa decisione è stata comunicata oggi stesso a Monsignor Viganò.
Sebbene l’arcivescovo Viganò abbia sempre rifiutato di riconoscere l’autorità che lo stava giudicando, la Dottrina della Fede ha impiegato meno di un mese per aprire e chiudere il caso, adottando la drastica misura di scomunicarlo. Una decisione che, come ha dichiarato il vescovo Schneider, potrebbe provocare una maggiore divisione all’interno della Chiesa.
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