Sì, lo so, il Papa non è morto, e parlare del futuro conclave può sembrare di cattivo gusto. Sì, lo so. Ma le cose si stanno muovendo rapidamente, la Chiesa continua il suo cammino, e noi cattolici, quelli che hanno speranza, guardiamo già al futuro, mentre preghiamo per Francesco. Si possono fare entrambe le cose.
chi sarà il prossimo Papa? Sia nelle prossime settimane, sia nei prossimi mesi, nelle ombre della Cappella Sistina, i cardinali saranno testimoni e protagonisti di un’elezione che segnerà il futuro della Chiesa. Come in ogni grande storia, ci sono eroi, antagonisti e figure ambigue che potrebbero far pendere la bilancia in una direzione o nell’altra.
Ho voluto delineare tre liste: il trio di quelli che, umilmente, vorrei vedere sul trono di Pietro, quelli che hanno reali possibilità, al di là dei miei gusti personali, e quelli la cui elezione mi gelerebbe il sangue. E, sopra tutti, c’è un nome che merita una menzione speciale.
I tre che sceglierei
Tra i nomi più rilevanti, ci sono tre cardinali che potrebbero contribuire a riparare i danni subiti dalla Chiesa negli ultimi anni:
– Willem Jacobus Eijk (Paesi Bassi): Un cardinale di ferro in un Paese che è diventato uno dei cimiteri della fede in Europa. Medico e teologo, ha denunciato senza mezzi termini la crisi morale dell’Occidente e la lassità dottrinale nella Chiesa. Sarebbe un Papa determinato a ristabilire la chiarezza nell’insegnamento e a restituire il senso del sacro.
– Péter Erdö (Ungheria): Primate d’Ungheria, intellettuale di spessore e con esperienza di governo. Il suo pontificato potrebbe portare ordine e strategia in un momento di confusione.
– Malcolm Ranjith (Sri Lanka): Ex segretario della Congregazione per il Culto Divino, strenuo difensore della liturgia tradizionale e critico nei confronti degli abusi post-conciliari. Benedetto XVI lo teneva in grande considerazione e gli affidò incarichi chiave. Nel suo Paese ha saputo gestire tensioni interreligiose e governare con mano ferma. A Roma, sarebbe un Papa con l’obiettivo di ristabilire il senso del sacro, senza paura di rivedere scelte sbagliate.
Quelli con reali possibilità
Al di là delle preferenze personali, la realtà vaticana segue altre logiche. Nel gioco di potere ci sono cinque nomi che sembrano essere in pole position:
– Pietro Parolin (Italia): Il candidato eterno. Come Segretario di Stato, è stato l’architetto della diplomazia vaticana sotto Francesco, ma il suo ruolo nel disastroso accordo con la Cina dovrebbe bastare a squalificarlo. Privo di carisma pastorale ed esperienza diretta nella guida di una diocesi, il suo pontificato sarebbe una continuità pragmatica, senza grandi scosse, ma anche senza una chiara direzione dottrinale.
– Matteo Zuppi (Italia): Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, mediatore nei conflitti internazionali e uomo di fiducia di Francesco. La sua vicinanza alla Comunità di Sant’Egidio gli garantisce una rete di influenza globale, nel bene e nel male. Da sacerdote, ha negoziato con l’ETA a nome di Sant’Egidio, e la sua elezione potrebbe significare, sotto molti aspetti, un “Francesco II”, con la stessa enfasi sui temi sociali ed ecumenici, ma con una maggiore capacità gestionale.
– Luis Antonio Tagle (Filippine): Carismatico, vicino alla gente e considerato “papabile” da anni. Formato alla scuola di Bologna, la sua nomina a Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli è stata interpretata come un segnale della sua possibile candidatura. È il volto del cattolicesimo asiatico e, per molti, la naturale continuazione dell’attuale pontificato.
– Pierbattista Pizzaballa (Italia/Israele): Il Patriarca di Gerusalemme è un altro nome di “consenso” che sta guadagnando forza. La sua figura si è rafforzata negli ultimi mesi per il suo ruolo nella guerra di Gaza. Il cardinale si è persino offerto ai terroristi di Hamas in cambio degli ostaggi israeliani. È visto con favore sia dai conservatori che dai progressisti come un candidato in grado di ricompattare una Chiesa divisa.
– Timothy Dolan (Stati Uniti): L’arcivescovo di New York potrebbe trarre vantaggio dall’ascesa di Trump negli Stati Uniti. Dolan sa muoversi in ambienti molto diversi e potrebbe essere considerato da molti cardinali come un ponte tra la Chiesa e le nuove forze politiche emergenti in Occidente.
I tre che più mi spaventano
Chi sarà il prossimo Papa? Non è questione di allarmismo, ma alcuni nomi destano preoccupazione. Candidati che potrebbero consolidare una tendenza già in atto, portando la Chiesa in territori incerti:
– Blase Cupich / Robert McElroy (USA): Li cito insieme perché rappresentano la stessa corrente: l’ala più progressista dell’episcopato statunitense. Cupich, vicino alla linea di Francesco, ha promosso una “Chiesa inclusiva”. McElroy, ancora più radicale, ha sostenuto una morale più “flessibile” e ha difeso l’accesso alla comunione per i politici abortisti.
– Jean-Claude Hollerich (Lussemburgo): Relatore del Sinodo sulla Sinodalità, apertamente favorevole a una revisione della morale sessuale della Chiesa. La sua elezione segnerebbe un cambiamento dottrinale di grande impatto, con conseguenze imprevedibili.
– Michael Czerny (Canada): Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, noto per i suoi messaggi sociali a favore dell’immigrazione e dell’ecologismo.
Menzione speciale: Robert Sarah
In questa equazione manca un nome che sarebbe, senza dubbio, il miglior candidato: Robert Sarah. Il cardinale guineano, ex Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, è un uomo di preghiera, con una visione chiara e una fede incrollabile. Non è incluso nelle tre liste perché ha una categoria a sé stante: ha reali possibilità, ma il suo profilo non rientra in nessuna delle altre classificazioni.
A suo favore c’è il fatto che, con 79 anni, il suo pontificato non sarebbe lungo, il che potrebbe renderlo una scelta di compromesso per evitare una guerra aperta nel conclave.
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