Ritornano le Udienze all’aperto in Piazza San Pietro con il Papa che ha continuano a ripercorrere il tema della speranza, ma si è soffermato anche sulla difesa del creato e le risorse idriche del pianeta.
«Spesso – ha detto il Papa – siamo tentati di pensare che il creato sia una nostra proprietà, un possedimento che possiamo sfruttare a nostro piacimento e di cui non dobbiamo rendere conto a nessuno». Citando san Paolo e la lettera ai Romani, letta durante l’Udienza, il Pontefice ha fatto notare che invece «la creazione è un dono meraviglioso che Dio ha posto nelle nostre mani, perché possiamo entrare in relazione con Lui e possiamo riconoscervi l’impronta del suo disegno d’amore, alla cui realizzazione siamo chiamati tutti a collaborare, giorno dopo giorno».
Troppo spesso, però, l’uomo si lascia prendere dell’egoismo e rovina anche le cose più belle che gli sono state affidate. Francesco ha quindi posto l’accento in particolare sulle risorse idriche: «pensiamo all’acqua – ha detto parlando a braccio – è una cosa bellissima e tanto importante; l’acqua ci dà la vita, ci aiuta in tutto ma per sfruttare i minerali, si contamina l’acqua» dunque si sporca e si distrugge la creazione.
Rompere il rapporto di cura e amore verso ciò che ci circonda è la conseguenza della tragica esperienza del peccato, ha affermato il Papa e quindi «quando rompe la comunione con Dio, l’uomo perde la propria bellezza originaria e finisce per sfigurare attorno a sé ogni cosa; e dove tutto prima rimandava al Padre Creatore e al suo amore infinito, adesso porta il segno triste e desolato dell’orgoglio e della voracità umani».
«Il Signore però – ha proseguito Francesco – non ci lascia soli e anche in questo quadro desolante ci offre una prospettiva nuova di liberazione, di salvezza universale». A tal proposito ha di nuovo citato l’Apostolo Paolo, che invita a prestare ascolto ai gemiti dell’intero creato. «Questi gemiti – ha spiegato il Santo Padre – non sono un lamento sterile, sconsolato, ma sono i gemiti di una partoriente; sono i gemiti di chi soffre, ma sa che sta per venire alla luce una vita nuova. E nel nostro caso è davvero così». In questa consapevolezza si innesta la speranza cristiana, filo conduttore delle ultime catechesi di Francesco.
«Il cristiano – ha affermato – non vive fuori dal mondo, sa riconoscere nella propria vita e in ciò che lo circonda i segni del male, dell’egoismo e del peccato. È solidale con chi soffre, con chi piange, con chi è emarginato, con chi si sente disperato. Però, nello stesso tempo, il cristiano ha imparato a leggere tutto questo con gli occhi della Pasqua, con gli occhi del Cristo Risorto».
Concludendo il suo discorso, il Papa ha invitato a non essere pessimisti e lasciarsi tentare dalla delusione. «Spesso – ha detto – ci lasciamo andare al lamento inutile. Ancora una volta però ci viene in aiuto lo Spirito Santo, il quale mantiene vivo il gemito e l’attesa del cuore».
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